L'ITALIA DEL RISORGIMENTO (1)



La restaurazione e i moti liberali italiani
L'assetto internazionale stabilito dal congresso di Vienna (1815) si risolse in sostanza nell'affermazione del predominio  di Inghilterra, Russia, Austria e Prussia che assumevano la direzione della politica europea. Mentre l'Inghilterra consolidava il suo impero marittimo e coloniale,  i sovrani di Russia, Prussia, Austria e Francia, la dinastia francese era stata ristabilita sul trono in nome del principio di legittimità,  aderirono al patto della Santa Alleanza e costituirono il baluardo dell'Europa conservatrice contro le nuove forze che avevano trovato la loro espressione nella rivoluzione francese.
 Esclusa dai detentori del potere ogni possibilità di opposizione legale, la ribellione al regime non ebbe altra via che la lotta clandestina e la rivolta violenta. Sorsero così in Europa associazioni segrete che presero nomi diversi: in Italia si diffuse la Carboneria,  ispirata a un programma liberale e costituzionale.  La tradizione ha portato a sopravvalutare l'efficacia di queste associazioni; in realtà il carattere generico dei programmi e la mancanza di coordinamento ne hanno limitato gli effetti. In quasi tutti gli Stati europei la storia degli anni successivi al 1815 fu un seguito di sommosse. La prima manifestazione fu la rivolta che ebbe luogo in Spagna all'inizio del 1820.
I MOTI DEL 1820 A NAPOLI -  Le ripercussioni degli avvenimenti spagnoli si fecero presto sentire in Italia. Nel regno di Napoli furono i militari ad assumere l'iniziativa: il 2 luglio 1820 la guarnigione di Nola, sotto la guida dei tenenti  Morelli e Silvati, si ammutinò e marciò sulla capitale. La sorpresa paralizzò le forze governative e il re si vide costretto a concedere la costituzione sul modello spagnolo. Anche la Sicilia insorse ma l'insurrezione siciliana non era animata dagli stessi ideali di quella napoletana. I Siciliani miravano all'autonomia. Nel frattempo i sovrani conservatori, radunati nel congresso di Lubiana, affidarono all'Austria il compito di soffocare il moto liberale. Dopo un breve scontro ad Antrodoco, gli Austriaci entrarono a Napoli. La reazione fu violenta: Morelli e Sivati furono giustiziati; quelli che non riuscirono a scappare, subirono dure condanne.
I MOTI IN PIEMONTE - La rete delle congiure si diramò in tutta la penisola. A Milano nell'ottobre del 1820 la polizia scoprì una "vendita" carbonara e arrestò il piemontese Silvio Pellico e il romagnolo Piero Maroncelli che furono condannati al carcere a vita nella fortezza dello Spielberg.  Anche uno dei capi del liberalismo lombardo, il conte Federico Confalonieri, venne arrestato e condannato. 
I liberali piemontesi affidarono le loro speranze all'erede al trono Carlo Alberto di Savoia Carignano. Il giovane principe cresciuto nell'atmosfera napoleonica aveva assunto un atteggiamento critico nei confronti dello spirito reazionario che dominava la corte e non aveva respinto i contatti con i cospiratori. Secondo i piani un'insurrezione militare avrebbe dovuto costringere il re Vittorio Emanuele I a concedere la costituzione: la guerra contro l'Austria sarebbe stata l'immediata conseguenza. Il 10 marzo 1821 la guarnigione di Alessandria insorse. Ma Vittorio Emanuele I , piuttosto che concedere la costituzione, preferì abdicare in favore del fratello Carlo Felice, in quel momento ospite del duca di Modena. Nell'assenza del re, la reggenza fu assunta da Carlo Alberto che concesse la costituzione con la riserva dell'approvazione del re. Carlo Felice, invece di approvare la costituzione, gli intimò di raggiungere le truppe fedeli radunate a Novara e Carlo Alberto ubbidì. L'insurrezione si dissolse come quella napoletana: le truppe fedeli al re, alle quali si erano uniti contingenti austriaci, incontrarono una debole resistenza. Come a Napoli anche a Torino seguirono le condanne.
CIRO MENOTTI E I MOTI DI MODENA DEL 1831 - Dopo gli insuccessi del 1821 l'opposizione, repressa ma non soppressa, si sviluppò con rinnovata energia. A Modena, sotto la guida del giovane commerciante Ciro Menotti, si era costituito un gruppo che mirava alla costituzione di uno stato libero e indipendente nell'Emilia e nella Romagna: il duca di Modena, Francesco V, avrebbe dovuto assumere il trono delle province liberate. 
Il duca, in un primo tempo tentato nelle sue ambizioni, assunse ben presto un atteggiamento ostile e prevenne il tentativo di Menotti, facendolo arrestare nella notte tra il 3 e il 4 febbraio 1831. Ciò non fermò l'insurrezione che rapidamente dilagò nella Romagna e nelle Marche. A Parma e a Modena si formarono governi provvisori; Bologna si pose alla testa della Romagna, delle Marche e dell'Umbria, erigendosi a sede del "governo delle Province Unite". Gli eventi provocarono l'immediata reazione dell'Austria. In poche settimane l'avanzata austriaca ebbe ragione degli insorti. La repressione fu durissima e culminò con l'impiccagione di Ciro Menotti.

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