Le rivoluzioni del 1848 e la prima guerra di indipendenza

Il 18 marzo 1848 Milano si coprì di barricate e dopo cinque giorni di lotta accanita, il comandante austriaco, Radetzki, fu costretto ad abbandonare la città. Il 22 marzo Venezia si liberò senza incontrare resistenza.
Le insurrezioni del Lombardo-Veneto convinsero Carlo Alberto a varcare, il 23 marzo, il Ticino con le sue truppe e a invadere la Lombardia. Inseguì Radetzki e sconfisse gli Austriaci a Pastrengo. I duchi di Modena e Parma abbandonarono i loro stati; gli altri principi parteciparono alla guerra contro l'Austria, inviando delle truppe. In realtà gli statuti, l'invio delle truppe furono per i sovrani italiani il prodotto di uno stato di necessità: concessioni che sarebbero state revocate appena possibile. Il papa, il 29 aprile, affermò di non poter entrare, come Pontefice, in una contesa politica e richiamò i suoi soldati. Il re di Napoli, il 15 maggio, chiuse il Parlamento, fece sparare sui patrioti e ordinò alle truppe inviate contro l'Austria di ritornare.
Solo Carlo Alberto rimase in campo. Riuscì a conquistare Peschiera, battè a Goito gli Austriaci che i volontari toscani avevano impegnato a Curtatone, ma nulla potè contro l'offensiva di Radetzki che aveva ricevuto rinforzi da Vienna. Quattro giorni di battaglia intorno a Custoza, dal22 al 25 luglio, si conclusero con la sconfitta piemontese. L'armistizio fu firmato il 9 agosto. L'iniziativa del moto nazionale passò alle forze rivoluzionarie, decise a prendere nelle loro mani la direzione della lotta. A Venezia Daniele Manin proclamò la repubblica (agosto 1848); a Firenze Francesco Guerrazzi si impadronì del potere e convocò una Costituente italiana. A Roma venne proclamata la repubblica (9 febbraio 1849) dopo la fuga del papa a Gaeta. L'esercito piemontese riprese, il 20 marzo 1849, le ostilità ma tre giorni dopo fu sconfitto a Novara.
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