L'ITALIA DEL RISORGIMENTO (4)



L'Italia dopo la sconfitta piemontese

Dopo la sconfitta di Novara, 23marzo 1849, a Carlo Alberto non rimase che abdicare. A suo figlio Vittorio Emanuele II spettò il compito di trattare col vincitore. Il giovane re seppe uscire dalla difficile situazione con dignità, convincendo Radetzki dell'opportunità di lasciare alla monarchia piemontese lo statuto. 
Il 26 marzo a Novara venne firmato l'armistizio. Ci furono comunque strascichi nella vita politica del Piemonte. Alla decisa opposizione all'armistizio in Parlamento, che portò allo scioglimento della Camera, si accompagnò una rivolta a Genova che fu repressa con durezza. Il nuovo Parlamento rifiutò l'approvazione del trattato di pace e fu anch'esso sciolto. Furono indette nuove elezioni e il re intervenne con un appello al Paese. Fu così possibile avere una maggioranza favorevole alla ratifica del trattato.
Nel frattempo le truppe austriache soffocarono l'insurrezione di Brescia (23 marzo - 2 aprile 1849, varcarono i confini dello Stato della Chiesa, occupando Bologna e restaurarono sul trono il granduca di Toscana. Contemporaneamente il re di Napoli riconquistò Palermo e pose fine all'insurrezione siciliana. 
La Francia, preoccupata dell'avanzata austriaca nel territorio pontificio, assunse l'iniziativa di restaurare l'autorità papale, inviando un corpo di spedizione contro la Repubblica Romana. Sotto la guida di Mazzini e Garibaldi, l'esercito della Repubblica tenne testa per due mesi alle truppe francesi, ma poi gli invasori entrarono in città. 
Venezia, assediata dalle forze austriache, colpita dalla carestia e dal colera, resistette fino al 24 agosto 1849. La caduta di Venezia sancì la vittoria della reazione in Italia. Tuttavia in uno stato sopravvisse l'eredità del '48. Il Piemonte con il suo regime costituzionale divenne il simbolo delle superstiti fortune nazionali.

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