L'ITALIA DEL RISORGIMENTO (6)




La seconda guerra di indipendenza e le annessioni


Il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele II lesse il famoso discorso all'apertura delle Camere: "L’orizzonte, in mezzo a cui sorge il nuovo anno, non è pianamente sereno. Ciò non di meno vi accingerete colla consueta alacrità ai vostri lavori parlamentari. Confortati dall’esperienza del passato andiamo risoluti incontro all’eventualità dell’avvenire. Quest’avvenire sarà felice riposando la nostra politica sulla giustizia, sull’amore della libertà e della patria. Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei consigli d’Europa perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché nel mentre rispettiamo i trattati non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi. Forti per la concordia, fidenti nel nostro buon diritto, aspettiamo prudenti e decisi i decreti della divina provvidenza".
Il discorso della Corona suonò come uno squillo di guerra: dopo una pressante campagna diplomatica, l'Austria, decisa a stroncare le provocazioni piemontesi, inviò un ultimatum a Torino (23 aprile). Scoppiò la guerra. Una grande vittoria a Magenta (4 giugno) aprì ai franco-piemontesi le porte di Milano, mentre Garibaldi, alla testa di un corpo di volontari, entrò in Varese e batté gli Austriaci a San Fermo. Napoleone III e Vittorio Emanuele II proseguirono l'avanzata verso Verona. L'esercito austriaco, guidato dall'imperatore Francesco Giuseppe, venne sconfitto dai Francesi a Solferino e dai Piemontesi a San Martino (24 giugno). ). Le gravi perdite subite, le incognite di una campagna militare che si annunciava lunga e difficile, le incertezze della situazione internazionale, la minaccia di un intervento prussiano a fianco dell'Austria spinsero Napoleone III  a concludere un armistizio con l'imperatore austriaco e interrompere le ostilità (Villafranca, 11 luglio). Influirono sulla sua decisione anche gli sviluppi della situazione italiana. Lo scoppio della guerra aveva avuto eco immediata nella Penisola: il 29 aprile Firenze aveva cacciato il granduca, la duchessa di Parma e il duca di Modena avevano dovuto abbandonare i loro stati all'indomani di Magenta, le popolazioni dell'Emilia e della Romagna si erano ribellate al governo pontificio. E tutti chiedevano l'annessione al Piemonte. Napoleone III si vide sfuggire di mano il controllo della Penisola. Si oppose alle annessioni al Piemonte dell'Italia centrale. Solo dopo lunghe trattative si rassegnò a dare il suo consenso, chiedendo come contropartita la cessione alla Francia di Nizza e della Savoia. Si aprì così la via ai plebisciti che stabilirono l'annessione al Piemonte delle nuove province (11-12 marzo 1860) 

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